La strana storia di Carlo e Bill: perché “il diritto al dolore”, a volte, è questione di codice postale…

Jul 12, 2023

Carlo e Bill. Due personaggi di fantasia. Ma uno dei due di più.

Bill è un personaggio verosimile, forse anche reale. Ce lo dicono i dati. Carlo è un personaggio di fantasia. Ma che in realtà esiste eccome. Solo che non abbiamo dati. Che non ci interessano…

La storia di Bill (e di circa 12 milioni di persone*…)

“Ti presento Bill, un dirigente sulla quarantina che, sulla carta, avrebbe dovuto essere un astro nascente della sua organizzazione. Bill non stava raggiungendo il suo potenziale. Sentiva che qualcosa lo tratteneva. Nel corso del tempo, quando ci siamo avvicinati lavorando con lui, Bill ha ammesso che stava ancora soffrendo per la tragica perdita di sua figlia, Karen, circa 20 anni prima. I ricordi di Bill dell'evento sono rimasti vividi e dolorosi: vederla andare in bicicletta lungo il marciapiede mentre lavorava lì vicino in giardino, riconoscere in un lampo che stava perdendo il controllo e sterzare in strada, vedere l'auto che si avvicinava. Anche due decenni dopo, il senso di perdita di Bill era straziante, così come l'intensità del suo senso di colpa. "Non avrei mai dovuto insegnarle ad andare in bicicletta", ci ha detto. "Sono responsabile della sua morte."

I costi del lutto nelle aziende americane

Bill non è l’unico americano a vivere in questa situazione. Come lui ci sono milioni di persone che a causa di un lutto, si trovano in difficoltà negli ambienti lavorativi.
Le conseguenze che queste difficoltà comportano, si trasformano in costi che le aziende americane sostengono ogni anno: 

  • 75 miliardi di dollari all’ anno a causa degli effetti dello stress che i collaboratori sperimentano quando sono in lutto 
  • 150 miliardi di dollari all’anno per il fenomeno del presenteismo (presenteeism, per il quale la persona si reca al lavoro nonostante la malattia, l'infortunio o altre condizioni con l’effetto di essere presente con il corpo ma non con la mente e il cuore. )

Se ti sembrano pochi, eccone altri:

- dei 20.000 dipendenti in lutto intervistati, il 50% ha riportato almeno trenta giorni in cui la mancanza di concentrazione ha influito in modo significativo sulle loro prestazioni

 - il 50% dei colletti blu ha riportato una maggiore incidenza di infortuni nelle settimane successive alla morte di una persona cara
- l'assenteismo aumenta anche dopo un decesso. I dipendenti che non hanno ricevuto supporto da manager o colleghi hanno dichiarato di perdere circa trenta giorni lavorativi all'anno, con il 20% dei dipendenti che continua a perdere giorni lavorativi per più di un anno*”

- utilizzando i dati del governo e attingendo a 25.000 interviste con i partecipanti a seminari e programmi di recupero dal dolore sulle loro prestazioni lavorative dopo una perdita, la Grief Recovery Institute Educational Foundation di Sherman Oaks, in California, prevede il costo di otto gravi incidenti di dolore - dalla morte di una persona cara ($ 37,5 miliardi) alla perdita di animali domestici ($ 2,4 miliardi), per esempio*.

 E Carlo?

Carlo, come abbiamo detto, si trova nella stessa situazione di Bill. Forse. Così si può presumere. Solo che nel nostro Paese non abbiamo dati.

Eppure misuriamo tutto: dal numero di contatti provenienti dai clienti che riceviamo ogni giorno alle percentuali di crescita del fatturato, al numero di minuti che le persone stanno su una determinata pagina del sito aziendale.
Sul lutto (ancora) niente.
Sul lutto (ancora) nessun dato.
 

E le aziende italiane?
 

Il  lutto - e soprattutto la morte - sono ancora un tabù.
Lo sono in generale e lo sono in particolare nelle organizzazioni perché è un tema scomodo: genera imbarazzo, difficoltà a percepirsi come efficaci, è faticoso (è faticoso stare accanto a Carlo e Bill).
Però.
Però le persone passano circa un terzo della propria giornata a lavorare e il lavoro e i suoi luoghi sono uno dei contesti dove si misura anche la propria efficacia.
Quando quel contesto e le relazioni in esso contenute si frantumano sotto il peso di un dolore così grande, è difficile pensare che le cose staranno come prima.
Che questo non impatti sul clima all’interno dell’organizzazione, dei suoi team, delle sue persone e su tutto il suo modello di business.
Un esempio ce lo fornisce la pandemia che quando è arrivata con tutta la sua forza ha generato, come una delle tante conseguenze, il fenomeno delle grandi dimissioni.
Scrive il Sole 24ore: sono oltre 1,6 milioni, infatti, le dimissioni registrate nei primi nove mesi del 2022, il 22% in più rispetto allo stesso periodo del 2021 quando ne erano state registrate più di 1,3 milioni*
Dietro a questi numeri ci sono tanti motivi: priorità cambiate e prese di coscienza.
E, dietro a molte priorità cambiate e a molte prese di coscienza c’è stato lui: il lutto.
Lui, il grande dolore.
È stato lui (anche) uno dei più grandi motori di cambiamento che ha portato le persone a chiedersi cosa volessero fare di significativo nella propria vita.
Per cosa valesse la pena alzarsi la mattina.

Se, come leader, vogliamo che la nostra organizzazione faccia parte dei motivi per i quali le persone desiderano alzarsi la mattina, allora dobbiamo prenderci la responsabilità di introdurre il diritto al dolore.
Con buona pace del codice postale. 


di seguito link e riferimenti da cui ho preso alcune delle informazioni:
1. https://www.therecoveryvillage.com/mental-health/grief/grief-statistics/
2. La storia di Bill non è inventata da me per questioni narrative, ma raccontata da Charles Dhanaraj e George Kohlrieser in un articolo scritto per McKinsey dal titolo I pericoli nascosti del lutto irrisolto
https://www.mckinsey.com/capabilities/people-and-organizational-performance/our-insights/the-hidden-perils-of-unresolved-grief
3. Leading through loss. How to navigate grief at work. 
4. 
https://www.chicagotribune.com/news/ct-xpm-2003-08-20-0308200089-story.html
5. 
https://cisonoparole.substack.com/p/un-deficit-di-empatia-e-quellumanita
6. 
https://www.ilsole24ore.com/art/lavoro-grande-fuga-16-milioni-dimissioni-9-mesi-AEsSV6YC



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